Lutzville, notte tra il 18/19 settembre 2024.

Premessa.

Chi scrive queste righe è consapevole del fatto che il lettore non possa nutrire nei suoi confronti una fiducia assoluta. La barriera dello schermo è spessa, il confine tra comunicatore e ricevente semi-invalicabile. L’oggettività non è mai data per scontata, semmai il contrario, in particolar modo quando si è consci che l’autore batte sulla tastiera per narrare le gesta – usando prosa ed enfasi – di un gruppo di sognatori solari.

Proprio per questo, commettendo un madornale errore narrativo, dismetto il tono neutrale chiedendo a voi che leggete un atto di fiducia: credere alla mia missione di oggettività.

Questa mattina (ieri, per chi sta dall’altra parte dello schermo) abbiamo lasciato Springbok alla chetichella, esausti, bagnati, infreddoliti fin nel midollo e avvolti dalla nebbia. Molti di noi, in maniera incauta, viziata dall’immagine calda e cinematografica dell’Africa, hanno sottovalutato la violenza della natura africana e dei suoi sbalzi termici.
Soprattutto il sottoscritto.
Tende fradice di brina, nuvole ad altezza uomo, vestiti umidi, spettri di ragazzi e ragazze che si aggirano mogi e indaffarati a smontare il campo base.

Questa è l’immagine che dovete avere in mente.

La quinta tappa della Sasol – Solar Challenge ci ha regalato la meraviglia e lo splendore del Kalahari in fiore. La scorsa notte, al contrario, il deserto ci ha piegati, accartocciandoci come lattine svuotate.
Il campo di Onda Solare è popolato da anime in pena col gelo nelle anche nelle ossa, privati di ogni energia a causa di una notte terrificante.

Coccolata e riparata: Emilia 5 è la più viziata della trasferta sudafricana di Onda Solare

Emilia 5 però non sente il freddo. Anzi, le sue celle rinfrescate catturano meglio i raggi solari che fanno capolino tra le nubi. Corre, si scatena fino a raggiungere i 97 km/h.

Nel tragitto, scottati dal ghiaccio della notte appena conclusa, molti di noi tentano di agguantare una stanza nell’unico hotel di Lutzville, prossima tappa notturna: una cittadina di appena cinquemila anime.

Solo dodici risultano disponibili. Riesco a ottenere due pre-prenotazioni: una per me e una per chi non dovesse riuscire a farcela, vista la connessione ballerina. Dopo qualche minuto di segnale Internet inesistente, una coppia di mail mi comunica che solamente una è andata a buon fine. Confermo la mia cameretta senza doccia e – con un misto di desolazione e gioia per un potenziale letto caldo – alla prima sosta scopro che solo io sono riuscito nell’impresa.
In Italia lo chiamiamo “culo”.

Nessun altro di noi dormirà al caldo, questa notte.
In me si annida già un principio di senso di colpa irrazionale.

Il resto della gara giornaliera fila liscia e veloce, quasi Emilia 5 fosse qui in Sudafrica per una passeggiata turistica.

Arriviamo a Lutzville e, mentre tutti preparano le tende dentro il quotidiano campo da rugby di collegio coperto da mura e filo spinato (ormai non ci facciamo nemmeno più caso), mi avvio mestamente all’albergo. Sono le 16.

Abluzioni veloci, fredde ma gradite. Si riordina la baraonda dello zaino da campo e m’incammino verso il campeggio, verso la mia squadra: la cena in hotel non è nemmeno contemplata.
Il Sole è di nuovo sparito, lasciando spazio a nuova umidità bastarda, vento e una pioggiarellina infima e sottile.

Il mostro che mi si annida nel petto, passo dopo passo, diventa sempre più grande e aggressivo.

Riccardo fa un po’ di strategia nel calduccio della macchina.

Al campo c’è fermento: coprono Emilia dalla pioggia, vanno a fare la spesa prima che il market chiuda, imbastiscono un barbecue sotto le tribune, al riparo dalla pioggia. Ma soprattutto ci si difende dal freddo: dopo la scorsa notte, ritornano nuovamente le figure spettrali che barcollano avvolte nelle coperte.

Mauro non sta bene da un paio di giorni, così gli offro la mia camera: non ne vuole sapere. Riprovo con altri volti stanchi che incontro, propongo condivisioni, materassini sul pavimento… niente da fare.

Mi improvviso cameriere/fuochista/aiuto cuoco del nostro Giacinto-Terminator, e anche in questa situazione vedo tanti volti sorridenti. Nonostante il disagio intenso, la stanchezza straziante e il gelo africano… sorridono. Scherzano. Stanno insieme.
Fantascienza pura e semplice.

Emilia ha dei problemi con la sua carica: non le arriva energia. La tensione sale, poi si riabbassa una volta che l’incidente è risolto. Mentre cuciniamo e serviamo la cena, mi guardo attorno e vedo i ragazzi e le ragazze di Onda Solare che si aggirano come formichine operose per il bene del prototipo forgiato da Univeristà di Bologna, MOST e dai loro sforzi. Organizzano i turni di veglia notturna per controllare che la ricarica non si interrompa: ore di sonno sradicate da un computo finale già misero.

Cosa c’è di meglio di un bel barbecue in una tribuna esposta al vento gelido di Lutzville?

Ritorno alla mia inutilità.

Sono le 22.30, e il cancello verrà chiuso alle 23: devo andare.
Li lascio così, sorridenti, bagnati, operosi.

“Il freddo. Scrivi del freddo”, mi ha suggerito Gabriele nelle scorse ore, quando gli ho chiesto un parere sul prossimo argomento da dare in pasto ai lettori.

Nella mia camera d’albergo, modesta ma per me lussuosissima, al riparo dal vento gelido e con gli occhi che bruciano, mi resta solo una cosa da fare: rendermi utile nell’unico modo che conosco. Raccontare le gesta di questi folli, sorridenti, indomiti, personaggi.

Visto, Gabri? Ho scritto del freddo.

La strada è quasi terminata. Ci sentiremo almeno ancora una volta prima della fine dell’avventura.

Emilia 5 è frutto del progetto GreenWave, finanziato dall’Unione europea NextGenerationEU attraverso MOST – Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile. Tramite la collaborazione con 24 università, il CNR e 24 grandi imprese, MOST ha infatti la missione di implementare soluzioni moderne, sostenibili e inclusive per l’intero territorio nazionale e si occupa di rendere il sistema della mobilità più “green” nel suo complesso e più “digitale” nella sua gestione. Lo fa attraverso soluzioni leggere e sistemi di propulsione elettrica e a idrogeno; sistemi digitali per la riduzione degli incidenti; soluzioni più efficaci per il trasporto pubblico e la logistica; un nuovo modello di mobilità, come servizio, accessibile e inclusiva.

Due parole sull'autore

Marco Piva

Lesto messaggero e amico di Apollo,
volando coi miei celebri calzari,
racconterovvi dell'auto-controllo

che un gruppo di bislacchi e pazzi vari

esegue con assurde capriole

più d'Icaro mentre rincorre il Sole.

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  1. Simpaticissima narrazione che rende bene l'esperienza in corso di Emilia 5 ed il suo team. Bravi tutti.

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