Sono passati 167 anni dalla prima spedizione nell’entroterra australiano di Sir John McDouall Stuart – esploratore, cartografo e rabdomante – che, dopo sei lunghi e faticosissimi tentativi, riuscì finalmente a tracciare una rotta attraverso l’Outback, dal South Australia fino alla costa affacciata sul Mar di Timor.

Siamo dunque a metà Ottocento, quando l’Australia era ancora utilizzata dal Regno Unito come colonia penale, le tribù aborigene mantenevano un certo predominio sulle proprie terre e la circolazione nell’interno, incontaminato e ostile, rappresentava un’impresa ad alto rischio.

Un murales dedicato a John Stuart a Darwin, Territorio del Nord, Australia.

Per cinque volte Stuart dovette arrendersi di fronte a una realtà fatta di Sole implacabile, deserto, scarsità d’acqua, malattie come lo scorbuto e l’ostilità dei nativi (e dei loro boomerang). Solo al sesto tentativo riuscì nell’impresa. Da allora, lo scozzese originario di Dysart divenne un eroe nazionale: la strada di oltre 3000 km che aveva tracciato – aprendo la via al telegrafo e alla definitiva colonizzazione europea – gli venne intitolata, trasformandosi nella celeberrima Stuart Highway.

Probabilmente, su questo “trionfo” le popolazioni aborigene avrebbero molto da dire; ma questa è un’altra storia, che ci porterebbe verso altri lidi tematici.

Stuart fu davvero un uomo straordinario: nonostante la corporatura minuta (meno di un metro e settanta) e le gravi malattie che lo colpirono durante le spedizioni, possedeva una forza d’animo eccezionale, un fiuto innato per l’acqua e straordinarie capacità di orientamento. Inoltre, ebbe sempre la massima considerazione per i suoi uomini: la loro incolumità era per lui una priorità assoluta.



Per il team di Onda Solare si è da poco conclusa la quarta partecipazione alla World Solar Challenge, l’avventura australiana che dal 1987 unisce innovazione tecnologica, determinazione e resistenza fisica.

Prima della partenza avevamo chiesto a Mauro Sassatelli, capo officina e cofondatore dell’associazione, quale fosse il suo obiettivo per la BWSC 2025. La sua risposta era stata netta, chiarissima:

“[…] devo per forza dire che il traguardo da perseguire è la vittoria nella categoria cruiser. Per diversi motivi. Con ogni probabilità quella di quest’anno sarà la mia ultima trasferta in Australia, per ragioni anagrafiche ed energie a disposizione.

Emilia 5 è stata costruita per vincere, sia per i materiali utilizzati, sia per le competenze espresse dal gruppo: del resto parliamo della nostra quarta partecipazione alla World Solar Challenge con 4 prototipi differenti. Un percorso ormai ventennale che deve concludersi con una vittoria”.

Il team all’arrivo della Bridgestone World Solar Challenge 2025 ad Adelaide.

In realtà, non serviva un’intervista per capirlo: il suo pensiero era evidente a tutto il gruppo. Bastava guardare gli occhi dei ragazzi e delle ragazze di Onda Solare, osservare i loro gesti: era chiaro che questa sarebbe stata la gara di Mauro.

Durante l’estenuante endurance nell’Outback ognuno di noi ha dato il massimo, ma le incognite della strada (volete chiamarlo destino?) ci hanno relegati a un terzo posto dal sapore agrodolce.
Nonostante l’occasione sfumata di concludere vent’anni di storia con una vittoria dai contorni epici, siamo tutti più che soddisfatti.

Anche Mauro, soprattutto Mauro.

Perché, se è vero che il primo posto sarebbe stato un tassello conclusivo fondamentale, è altrettanto vero che ciò che conta davvero è il suo lascito: quanto ha costruito in due decenni, da quando con Ruggero Malossi diede vita a quella follia visionaria chiamata Onda Solare.

E chissà che, fra due anni, contrariamente alle sue parole, non lo ritroveremo ancora una volta lungo quella striscia d’asfalto che taglia in due l’Australia, chino a lavorare su un nuovo prototipo e a guidare i suoi ragazzi e ragazze nella prossima edizione della Bridgestone World Solar Challenge, inseguendo il sogno della definitiva consacrazione.

In qualsiasi caso, una cosa è certa: una nuova strada è già stata aperta, quella tracciata da lui e affidata alle mani e alle menti di chi raccoglierà il testimone, proseguendo così il viaggio di Onda Solare.



It has been 167 years since Sir John McDouall Stuart – explorer, surveyor, and water diviner – first ventured into the Australian interior. After six long and grueling attempts, he finally succeeded in charting a route across the Outback, from South Australia all the way to the coast facing the Timor Sea.

We are in the mid-19th century: Australia was still used by the British Crown as a penal colony, Aboriginal tribes maintained a degree of control over their ancestral lands, and travel across the harsh, untouched interior was a perilous gamble.

Stuart failed five times, defeated by scorching sun, endless desert, lack of water, diseases such as scurvy, and the hostility of Indigenous groups (and their boomerangs). Only on his sixth attempt did he succeed. From then on, the Scotsman from Dysart became a national hero. The road he mapped—over 3,000 km long, paving the way for the telegraph and European colonization—was named after him, becoming the legendary Stuart Highway.

No doubt Aboriginal voices would have much to say about this “triumph”; but that is another story, one that would take us in a different direction.

What is certain is that Stuart was an extraordinary man. Despite his small stature (under 5’7”) and the serious illnesses he endured during his expeditions, he possessed remarkable resilience, an uncanny instinct for finding water, and outstanding navigational skills. Above all, he cared deeply for his men: their safety was always his highest priority.


For Onda Solare, the Italian solar racing team, the fourth participation in the World Solar Challenge has just come to an end. Since 1987, this grueling adventure across Australia has combined technological innovation, determination, and physical endurance.

Before the start, we asked Mauro Sassatelli—workshop chief and co-founder of the association—what his goal was for BWSC 2025. His response was unequivocal:

“[…] I have to say that the target must be victory in the cruiser class. For several reasons. In all likelihood, this will be my last trip to Australia, for reasons of age and energy. Emilia 5 was built to win—both in terms of the materials used and the skills of the team. After all, this is our fourth participation in the World Solar Challenge with four different prototypes. A twenty-year journey that should conclude with a victory.”

In truth, no interview was needed to understand it. His intent was written in the eyes of the young men and women of Onda Solare, visible in every gesture. It was clear that this was going to be Mauro’s race.

Mauro at work on Emilia: the easiest moment to photograph.

Throughout the grueling endurance across the Outback, everyone gave their all. Yet the unpredictable trials of the road (call it fate, if you like) relegated us to a bittersweet third place.

And yet, despite the missed opportunity to crown twenty years of history with a victory of epic proportions, we are more than satisfied.
So is Mauro—especially Mauro.

Because while a first-place finish would have been an important final piece, what truly matters is his legacy: the twenty years of work, vision, and community he has built since he and Ruggero Malossi launched that bold dream called Onda Solare.

And who knows—two years from now, despite his words, we may find him once again on that ribbon of asphalt cutting Australia in two, leading his young men and women into another edition of the Bridgestone World Solar Challenge, chasing the dream of ultimate consecration.

Either way, one thing is certain: a new road has already been built—not of asphalt, but of passion, knowledge, and people. The road Mauro has traced, now entrusted to those who will carry the torch forward, continuing the journey of Onda Solare.

Emilia 5 è frutto del progetto GreenWave, finanziato dall’Unione europea NextGenerationEU attraverso MOST – Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile. Tramite la collaborazione con 24 università, il CNR e 24 grandi imprese, MOST ha infatti la missione di implementare soluzioni moderne, sostenibili e inclusive per l’intero territorio nazionale e si occupa di rendere il sistema della mobilità più “green” nel suo complesso e più “digitale” nella sua gestione. Lo fa attraverso soluzioni leggere e sistemi di propulsione elettrica e a idrogeno; sistemi digitali per la riduzione degli incidenti; soluzioni più efficaci per il trasporto pubblico e la logistica; un nuovo modello di mobilità, come servizio, accessibile e inclusiva.

Due parole sull'autore

Marco Piva

Lesto messaggero e amico di Apollo,
volando coi miei celebri calzari,
racconterovvi dell'auto-controllo

che un gruppo di bislacchi e pazzi vari

esegue con assurde capriole

più d'Icaro mentre rincorre il Sole.

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  1. Sassatelli highway mi piace. Però comunque vorrei riportarvi i suggerimenti che https://scientificgems.wordpress.com/2025/09/06/letter-to-a-us-solar-car-team/ consiglia ai team USA di solarcar, sperando che buon pro vi faccia.

    Lettera a un team statunitense di auto solari
    Amici, avete chiesto cosa ci vorrebbe per vincere la World Solar Challenge. Innanzitutto, lasciatemi dire che vi auguro ogni bene. Ho sempre trovato i team statunitensi di auto solari molto amichevoli (sono particolarmente affezionato al team del Michigan).
    La risposta frivola alla vostra domanda sarebbe "essere nato in un posto dove si parla olandese", ma non è molto utile. È vero che i team olandesi hanno alcuni vantaggi. Gli studenti nei Paesi Bassi sono generalmente un anno avanti rispetto agli Stati Uniti alla fine del 12° anno di scuola superiore, e una laurea tradizionale in ingegneria dura 5 anni (ora suddivisa in una laurea triennale e una laurea magistrale biennale secondo l'accordo di Bologna). Per raggiungere quel livello di competenza, i team statunitensi potrebbero dover svolgere una formazione interna per integrare l'offerta universitaria. Anche i belgi lo hanno fatto in passato (e potrebbe aver contribuito a farli arrivare in cima nel 2019 e nel 2023).
    Altrove ho scritto del modello di team olandese per auto solari a confronto con quello statunitense. In breve, i team olandesi sono piccoli gruppi di neofiti che lavorano a tempo pieno per un anno. Questo funziona solo grazie a:
    1) un ampio coinvolgimento degli ex studenti e
    2) una documentazione molto dettagliata di ogni lezione appresa dal team uscente.
    Al contrario, i team statunitensi sono più grandi, part-time e includono persone di grande esperienza con 4 o più anni di esperienza nel settore delle auto solari. Tuttavia, è più difficile gestire e motivare un team così numeroso, e il trasferimento di conoscenze dai membri più esperti a quelli più nuovi può talvolta "sfuggire".
    Il mio primo consiglio è di non considerarvi come un club di ingegneri. La vostra università potrebbe pensarvi in ​​questo modo, ma probabilmente non ha la stessa fame di vittorie che avete voi. È meglio considerarvi come una startup, come fanno i team olandesi. Ancora meglio: consideratevi una divisione di SpaceX. Lancerete un razzo verso Adelaide e volete che arrivi a destinazione in modo affidabile.
    Come team statunitense di auto solari, la vostra risorsa più preziosa sono probabilmente i vostri ex studenti. Hanno una vasta esperienza e sono quasi certamente disposti ad aiutarvi. Probabilmente li coinvolgete già nelle revisioni del progetto. Idealmente, avreste anche un database di ex studenti con recapiti e aree di competenza, e potreste chiedere loro consigli quando necessario. Questo non sarebbe "barare", come qualcuno mi ha suggerito una volta: è essere professionali.
    Il mio secondo consiglio è che tre cose devono essere ottimizzate: la vettura, la strategia di gara e l'organizzazione. I primi due aspetti saranno già ottimizzati, ma l'organizzazione e i processi potrebbero non essere ottimizzati. Potrebbe essere opportuno coinvolgere un team di ex studenti per lavorare su questi aspetti.
    Come registra il team le lezioni apprese durante la progettazione delle auto e durante le gare? Quali misure vengono adottate per digitalizzare le conoscenze acquisite con fatica? Come si può migliorare il processo di progettazione? Come si può migliorare l'onboarding? Potrebbe essere necessario assumere nuove posizioni nel team, come ad esempio "Responsabile della Formazione" o "Coordinatore dei Nuovi Membri"?
    Non ho idea di quali possano essere le risposte a queste domande, ma i tuoi ex studenti lo sapranno. E se possono aiutarti a vincere la World Solar Challenge, vale sicuramente la pena chiederglielo.
    E ancora una volta, buona fortuna!

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