Una delle peculiarità di Onda Solare è sicuramente l’eterogeneità del nostro gruppo di lavoro, all’interno del quale sono presenti individui che hanno affrontato percorsi di vita e professionali spesso molto differenti fra loro.
Un altro elemento caratteristico che – nel bene e nel male – ci differenzia dai team che affrontiamo solitamente in gara è quello relativo all’anagrafica.
Il sabato, nella giornata di lavoro che dedichiamo all’associazione, in officina si ritrovano uomini, donne, ragazzi e ragazze delle età più disparate. Questa situazione fa sì che a Castel San Pietro Terme lavorino gomito a gomito adolescenti da scuola superiore, uomini fatti e finiti, giovani ricercatrici universitarie e “vecchie querce” che hanno a che fare da anni con progetti meccanici, utensili e materiali compositi.
Il mismatch anagrafico talvolta può essere un limite – gap da colmare col tempo e l’affiatamento derivato dalle avventure vissute insieme – ma allo stesso tempo è anche un vero e proprio punto di forza: entusiasmo giovanile e saggezza sono elementi che si intersecano ben volentieri, dando spesso ottimi frutti.

Così, per questo nuovo capitolo del Diario di bordo, abbiamo deciso di porre l’accento su queste distanze fatte di capelli imbiancati e visi imberbi, intervistando due membri del team che rappresentano appieno questa immagine.
Da una parte Mauro Sassatelli, classe 1959, co-fondatore di Onda Solare insieme a Ruggero Malossi, uomo dotato di grande curiosità che inizia il proprio percorso professionale nel 1983, prima come saldatore, poi fabbro per passione e infine modellatore di materiali compositi.
Dall’altra, invece, Gabriele Carretti, classe 2005, ex studente dell’Istituto di Istruzione Superiore “A. Ferrari” di Maranello, meccanico e aspirante restauratore, in Onda Solare da ottobre 2023.
Teste diverse, percorsi differenti, carte d’identità segnate da distanze anagrafiche… abbiamo proposto a entrambi le stesse 7 domande, le cui risposte sembrano convergere verso un’unica direzione: il successo di Onda Solare, raggiunto percorrendo una strada lastricata da duro lavoro, sacrifici, passione, curiosità e un occhio di riguardo verso il concetto di sostenibilità.
Cosa rappresenta per te il progetto di Onda Solare?
Mauro: L’esperienza con Onda Solare è partita come una sfida, quasi fosse un gioco dotato di una forte componente avventurosa e, al contempo, dominato da un fattore tecnico sfidante, ovverosia l’apprendimento di nuove competenze specifiche da mettere al servizio della causa.
Con l’ingresso dell’Università di Bologna all’interno del progetto le dinamiche si sono modificate, allargate, aumentandone così il potenziale.
Con questo nuovo partner è anche cresciuto l’aspetto aggregativo che consente di mettere a contatto fra loro ragazzi, professionisti, studenti, professori e semplici volontari.
È un paradosso, me ne rendo conto, ma devo dire che per me nel progetto di Onda Solare c’è anche una forte componente di affettività: certamente per le persone, ma anche per l’associazione in sé e per i prototipi che realizziamo in officina.

Gabriele: È un’opportunità unica e un privilegio: si imparano un sacco di cose sia da chi ha una grande esperienza alle spalle, penso ad esempio ad Adolfo Dondi o allo stesso Mauro, sia dal punto di vista più strettamente accademico e di ricerca, come nel caso del Prof. Minak e degli studenti/ricercatori che entrano nel progetto tramite Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.
C’è poi il discorso relativo alla mobilità sostenibile. È un settore in crescita, a cui si dedica sempre più attenzione: mi dà grande soddisfazione contribuire, nel mio piccolo, con il mio lavoro, a una causa meritoria come questa.
Qual è la cosa che ti è maggiormente rimasta impressa della tua prima competizione con Onda Solare?
Mauro: Era il 2011, la nostra seconda World Solar Challenge a cui partecipavamo con Emilia 2.
Ricordo perfettamente i cartelli dell’arrivo al circuito di Darwin, nella Hidden Valley… ai box ci misero vicini alle squadre dell’Università di Stanford e del Massachusetts Institute of Technology (MIT).
So di aver pensato: “Cavoli, siamo davvero qui!”.
Gabriele: La mia prima gara con Onda Solare è stata la Sasol – Solar Challenge del 2024. La cosa che più mi è rimasta impressa è stata la gioia provata quando, dopo i test in circuito, abbiamo ricevuto il via libera definitivo per partecipare alla competizione. Prima di quel momento abbiamo avuto vari problemi tecnici e logistici che avevano messo seriamente in dubbio la nostra presenza sulla linea di partenza.
Superarli e partire effettivamente per l’avventura attraverso il Sudafrica è stato impagabile.

Cosa ti motiva a sacrificare tempo, denaro ed energie per il progetto?
Mauro: C’è una doppia risposta, quella professionale e quella dettata dalla passione.
Dopo aver lavorato per anni come saldatore e fabbro, quando ho cominciato con Onda Solare ho pensato che un materiale come la fibra di carbonio aveva un potenziale enorme per il mio lavoro. Dovevo approfittarne per studiarla e acquisire competenze per la sua lavorazione.
O, almeno, così mi dicevo per motivare i sacrifici fatti nel corso degli anni.
Certamente non posso negare la ragione che si lega ai concetti di divertimento e curiosità: ho sempre avuto una certa predisposizione per il lavoro manuale, la creazione, la manipolazione di materiali. E in questo senso la fibra di carbonio era perfetta per i miei scopi.
Gabriele: Inizialmente ero molto interessato per l’opportunità di poter lavorare con i materiali compositi: la mia idea era di acquisire delle competenze molto utili e specifiche, oltre ad arricchire il mio curriculum.
Poi sono entrato nel team, ho conosciuto la storia di Onda Solare, i suoi componenti e la filosofia di fondo… di lì ho cominciato a lavorare su Emilia 5. A quel punto la passione e l’impegno che vedevo negli altri membri della squadra mi hanno contagiato.

Secondo te quale deve essere la direzione futura di Onda Solare?
Mauro: La direzione la detteranno le persone che nel corso degli anni sono entrate e continuano a entrare nel progetto. Non tutte, ovviamente, per alcuni è solo una tappa più o meno lunga, altri si fermano, se ne innamorano e fanno di tutto per esso. Loro, queste persone, sono un lascito, sono coloro che porteranno avanti la missione di Onda Solare.
Da Ruggero a Stefano, passando per Morena, giovani, vecchi, più o meno esperti: non li cito tutti perché sennò mi dimenticherei qualcuno. Certamente Giangiacomo Minak è il fulcro: lui è il trait d’union tra associazione e università, ibrida passione e competenza, è membro della squadra e rappresentante del progetto presso le istituzioni.
Gabriele: Sicuramente non immagino Onda Solare che produce auto in serie. Io spero che l’associazione, supportata dalle istituzioni, continui nel suo percorso con lo stesso spirito, proseguendo a creare prototipi e migliorandoli sempre più.
Anche per contribuire alla transizione ecologica nel settore della mobilità.

Osservando i team avversari, quali sono le principali differenze che noti rispetto a OS?
Mauro: Parlo dei primi due esempi che mi vengono in mente. I team giapponesi sono esattamente come ce li si aspetta: rigorosi, con vetture fortemente legate ai concetti di forma, eleganza e sostanza.
Quelli americani trasmettono l’idea di “imprenditoria autogestita” dagli studenti: si vede che i veicoli sono gestiti in toto, ciclicamente, dai ragazzi delle università. Fra una competizione e l’altra i prototipi si svelano all’osservatore non attraverso piccoli accorgimenti ma con differenze enormi rispetto ai loro predecessori. Questo elemento suggerisce che c’è una componente formativa maggiore, che però va a scapito della specializzazione dei team di lavoro.
Gabriele: Da quanto ho osservato nella mia unica esperienza in gara, secondo me, non vorrei sbagliare, negli altri team c’è una sostanziale differenza tra i gruppi di lavoro che costruiscono la macchina e quelli che poi si ritrovano a competere sulla strada.
Per quanto riguarda Onda Solare gli interpreti delle due fasi sono gli stessi, per i team avversari non credo sia esattamente così.
Qual è il tuo obiettivo per la prossima Bridgestone World Solar Challenge 2025?
Mauro: Non sono scaramantico e, al contempo, mi reputo una persona molto diretta, quindi devo per forza dire che l’obiettivo è la vittoria nella categoria cruiser. Per diversi motivi.
Con ogni probabilità quella di quest’anno sarà la mia ultima trasferta in Australia, per ragioni anagrafiche e di energie a disposizione. Emilia 5 è stata costruita per vincere, sia per i materiali utilizzati, sia per le competenze espresse dal gruppo: del resto parliamo della nostra quarta partecipazione alla World Solar Challenge con 4 prototipi differenti. Un percorso ormai ventennale che deve concludersi con una vittoria.
Altrimenti vuol dire che non siamo in grado di farlo, inutile girarci troppo intorno.
Gabriele: Vincere, ovviamente! E poi godermi l’esperienza: andare a gareggiare in trasferta in Paesi lontani e diversi dal nostro è un’incredibile opportunità. Elemento che non va sottovalutato, ma sfruttato e apprezzato.
Se Onda Solare fosse una canzone… per te quale sarebbe?
Mauro: Fra i tanti momenti molto emozionanti che questa avventura mi ha generosamente regalato, ce n’è uno che non ho mai esternato pubblicamente.
Quando parte la World Solar Challenge da Darwin, appena abbandoni il centro abitato e ti inoltri nell’Outback, sfili davanti a gruppetti di persone accampati a bordo strada (magari con ombrelloni, birre e barbecue): si sono fatti chilometri e chilometri in quelle strade sterrate rosse come il deserto che ti chiedi dove vadano a finire.
Ogni gruppo ha la propria bandiera di appartenenza per tifare: naturalmente non mancano i tricolori, ed essendo la nostra l’unica macchina italiana in gara mi dà un senso di orgoglio…
Quindi, se devo associare Onda Solare a un motivo musicale, proporrei come risposta il nostro inno nazionale!
Gabriele: Ride Like the Wind di Christopher Cross!
Emilia 5 è frutto del progetto GreenWave, finanziato dall’Unione europea NextGenerationEU attraverso MOST – Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile. Tramite la collaborazione con 24 università, il CNR e 24 grandi imprese, MOST ha infatti la missione di implementare soluzioni moderne, sostenibili e inclusive per l’intero territorio nazionale e si occupa di rendere il sistema della mobilità più “green” nel suo complesso e più “digitale” nella sua gestione. Lo fa attraverso soluzioni leggere e sistemi di propulsione elettrica e a idrogeno; sistemi digitali per la riduzione degli incidenti; soluzioni più efficaci per il trasporto pubblico e la logistica; un nuovo modello di mobilità, come servizio, accessibile e inclusiva.