Nei precedenti capitoli del nostro Diario di Bordo abbiamo visto come essere parte di un team di auto solari sia un’esperienza sfaccettata, composta da necessità di diversa natura, fasi differenti, mansioni spesso complesse.

Un prototipo va pensato, progettato, costruito e testato. Senza dimenticare che, in mezzo al processo descritto, è necessario trovare finanziatori e sponsor che siano disposti a credere in te e nella tua visione.

A questo punto, dopo calcoli infiniti, giorni e giorni passati officina, il frutto di passione, impegno, competenze e studio non può che essere indirizzato verso il suo naturale sbocco: la gara. Vicine o lontane, su strada o in circuito, sotto la pioggia gelida del nord Europa o nei deserti dell’emisfero australe, le nostre auto solari sono destinate a correre in competizioni all’ultimo chilometro.

Tutte queste attività compongono una lunga e articolata avventura che da anni vi raccontiamo attraverso i social network e, da 12 mesi a questa parte, anche grazie al nostro rinnovato sito web.

Eppure esiste un’imponente macchina narrativa che, nel corso del tempo, ha suggerito allo spettatore le emozioni di assemblare un veicolo con le proprie mani, di correre in pista durante una gara o di scommettere sull’innovazione, sia essa declinata su due o quattro ruote. Il riferimento è ovviamente al mondo del cinema e delle serie tv, da sempre prodigo di produzioni dedicate a velocità, meccanica e alla rincorsa di un sogno su gomme.

Di recente, ad esempio, abbiamo potuto osservare in sala l’affresco di Michael Mann – regista/monumento del cinema americano – dedicato a Enzo Ferrari, il gigante nostrano che scolpì le fortune del Cavallino Rampante attraverso ricerca, metodo e ossessione.

Il trailer di Ferrari, film presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia

Se poi concentriamo il focus d’osservazione sulle gare automobilistiche all’interno della Settima Arte c’è da perdere il conto delle pellicole: dalla F1 tratteggiata da Ron Howard in “Rush” a quella che vedrà Brad Pitt pilotare realmente una monoposto sul circuito di Silverstone nel nuovo progetto del regista Joseph Kosinski.

Similarmente alla F1, anche la 24 Ore di Les Mans merita un capitolo a sé stante, a partire dal (quasi) omonimo film del 1971 (“Le 24 Ore di Les Mans”) con protagonista il mago dei motori Steve McQueen; produzione che non godette dei favori del pubblico ma che è tutt’ora considerata un cult nel genere, anche in virtù della sua notevole carica di realismo.

Più di recente – parliamo del 2019 – con “Le Mans 66 – La grande sfida” James Mangold appose la sua firma sul racconto di una delle edizioni più famose della manifestazione sportiva francese. Nel film Carrol Shelby, il costruttore americano creatore della GT Cobra Roadster (rinnovata di recente in meccanica ed estetica), è interpretato da Matt Damon, mentre il pilota “figlio della città dei motori” Ken Miles è impersonato da Christian Bale.

Attore, pilota, leggenda: Steve McQueen in “Le Mans”, film del 1971

Nell’ultimo film citato, oltre a due attori che gareggiano in bravura, c’è anche una discreta dose di attenzione verso l’aspetto squisitamente meccanico delle dinamiche rappresentate. Un elemento che riporta alla memoria un’altra produzione carica di passione per i motori, anche se, nel caso specifico, ci spostiamo nel mondo delle due ruote.
Parliamo del biopic sulla vita del neozelandese Burt Munro (interpretato dal sempre-splendido Sir Anthony Hopkins), “Indian – La grande sfida” è un inno all’avventura e al sogno, un tripudio di bicilindrici e prototipi lanciati a velocità folli durante la Speed Week sul lago di Bonneville.

Oltre a rappresentare il racconto di un record che, a oggi, dopo 55 anni, nessuno è ancora riuscito a battere!

“Burt e la sua amata Indian (da lui costruita, ndr), poco prima della sua morte. Sono stati insieme per 57 anni”

Restando saldamente in sella su due ruote e sul concetto di “avventura” è impossibile non citare il percorso in tre tappe che ha portato Ewan McGregor a girare in lungo e in largo praticamente tutto il pianeta Terra a bordo di un BMW GS.
L’attore scozzese, grandissimo appassionato di moto, nel 2004 compie il suo primo, folle viaggio insieme all’amico e collega Charley Boorman: la coppia parte da Londa a bordo di due maxienduro per arrivare a New York dopo 115 giorni.

Il viaggio attraverso Europa, Kazakistan, Mongolia, Siberia e Nord America viene raccolto nella docu-serie televisiva “Long Way Round”.
Nel 2007 McGregor rilancia, partendo dalla punta nord della Scozia per arrivare – 24.000 km dopo – all’estremità sud dell’Africa, a Città del Capo. Lo show prende ovviamente il nome di “Long Way Down”.

Dopo ben 13 anni, nel 2020, con “Long Way Up”, c’è la svolta del progetto: la coppia di motociclisti per percorrere i 21.000 km che separano la Terra del Fuoco dalla California decidono di abbracciare e promuovere in maniera concreta il concetto di sostenibilità, abbandonando le BMW a motore endotermico in favore di due Harley-Davidson elettriche.

Il nostro percorso attraverso cinema e serie tv in salsa motoristica ci ha condotti – non poteva andare diversamente – fino al concetto di mobilità green, ma… il solare?
Qualche produzione ha mai pensato di raccontare allo spettatore di veicoli che sfrecciano grazie all’energia del Sole?

La risposta è per fortuna affermativa, visto che esistono prodotti audiovisivi che gravitano attorno a una delle nostre competizioni predilette, nonché manifestazione più importante del settore: la Word Solar Challenge.

Siamo nel 1996 e Paramount e TriStar presentano al pubblico “In corsa con il Sole”, film-commedia basato sulla storia vera di una classe di ragazzi hawaiiani che nel 1990 realizzò la propria vettura solare e partecipò alla WSC di quell’anno. Nonostante la scarsa notorietà della pellicola non parliamo – almeno sulla carta – di una produzione di poco conto, visto che nel cast figurano i nomi di star come Jim Belushi, Halle Barry e un giovanissimo Casey Affleck.

Se poi ci muoviamo verso il formato seriale-televisivo, scopriamo una perla del 2007 firmata da un’autorità del genere documentaristico: National Geographic. La prestigiosa organizzazione scientifica ed educativa statunitense realizzò infatti la mini-serie documentaria “World Solar Challenge” riguardo la gara omonima, sui meccanismi di gara e, soprattutto, sullo spirito che caratterizza la manifestazione.

In conclusione di questo articolo, i più curiosi fra voi lettori si staranno chiedendo: “Come mai avete deciso di trattare proprio questo argomento?”. A questa prima domanda ne aggiungiamo noi una seconda: Onda Solare avrà mai un racconto per immagini delle sue attività, delle sue gare, dei suoi traguardi?

La risposta, sapientemente disseminata con un indizio nei nostri post social, porta il nome dello sceneggiatore e regista Mark Neale, già autore di documentari motoristici quali Faster (2003), Charge (2011) e Fino all’ultima staccata (2015); produzioni che, tra l’altro, vantano nomi di rilievo come quelli di Brad Pitt e del già citato Ewan McGregor.

Ma cosa c’entra Mr. Neale con Onda Solare?

Nonostante sia intuibile non vogliamo svelarvi troppo, lasciando che siate voi stessi a scoprire ogni cosa continuando a seguirci e a leggere le peripezie del team di Onda Solare!

Due parole sull'autore

Marco Piva

Lesto messaggero e amico di Apollo,
volando coi miei celebri calzari,
racconterovvi dell'auto-controllo

che un gruppo di bislacchi e pazzi vari

esegue con assurde capriole

più d'Icaro mentre rincorre il Sole.

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